“Iatreia”. Una possibile cura e riabilitazione bio-psico-spirituale del disagio psichico secondo i metodi e le tecniche della psicosintesi terapeutica

Rivista di Psicosintesi Terapeutica – Anno XI, Numero speciale 21-22, Marzo-settembre 2010

“IATREIA”. UNA POSSIBILE CURA E RIABILITAZIONE BIO-PSICO-SPIRITUALE DEL DISAGIO PSICHICO SECONDO I METODI E LE TECNICHE DELLA PSICOSINTESI TERAPEUTICA

di Antonio G. Tallerini
Psicologo romano, psicoterapeuta e didatta della Società Italiana di Psicosintesi Terapeutica. È stato direttore e rappresentante legale della Scuola di Psicoterapia Psicosintetica della SIPT (riconosciuta con D. M. del 29.09.1994). È stato Responsabile del Servizio di Psicoterapia della Clinica Neuropsichiatrica “Sorriso sul Mare” di Formia.

Through the description of the psychiatric rehabilitation center Latreia, the author wants to refute the widely held opinion in psychiatry that thinks it is impossible or useless and inconclusive to propose psychodynamic visions of the human being, and particularly of psychosynthesis in the treatment of “mentally ill” subjects for whom psychopharmacotherapy and institutional occupational activities are believed to be useless, for whom it is impossible to offer subtle psychoenergetic visions that are sometimes inaccessible even to the “sane” (totally “healthy”). Latreia is based on Psychosynthesis principles and on the consideration of the mentally ill subject not only as a “patient” who has a pathology but as a person having the possibility of exploring, discovering, and evoking higher aspects of the personality. The team of Latreia leads the guests-patients toward personal growth by moving towards increasingly higher levels of integration, constructing energies in this way to direct them toward models that are as coherent as possible with each person’s original model.
Key words: psychiatric rehabilitation, pathology, higher aspects of personality, integration, personal growth.

Attraverso la descrizione del centro di riabilitazione psichiatrica Iatreia, l’autore intende confutare l’opinione diffusa in ambito psichiatrico che ritiene impossibile o comunque del tutto inutile e inconcludente proporre visioni psicodinamiche dell’uomo ed in special modo psicosintetiche nel trattamento dei “malati di mente” verso i quali sono ritenuti inutili interventi psicofarmacoterapici ed attività occupazionali di istituzionale memoria, pertanto è impossibile offrire visioni psicoenergetiche sottili talvolta poco accessibili anche ai cosiddetti “sani”. Iatreia si basa sui principi della Psicosintesi e sulla considerazione del malato non tanto come paziente portatore di patologia ma come persona con la possibilità di esplorare, scoprire ed evocare aspetti superiori della personalità. L’equipe di Iatreia accompagna gli ospiti-pazienti a compiere dei passi avanti verso una crescita personale muovendo verso livelli di integrazione sempre più alti, componendo così energie da direzionare verso modelli più aderenti possibile a quello originale di ogni individuo.
Parole chiave: riabilitazione psichiatrica, patologia, aspetti superiori della personalità, integrazione, crescita personale.

INTRODUZIONE

Secondo l’opinione di alcuni addetti ai lavori, sembra impossibile o comunque del tutto inutile e inconcludente proporre visioni psicodinamiche dell’uomo ed in special modo psicosintetiche (metodi e tecniche psicologiche sofisticate in ambito psichiatrico!). Come a dire che per i “malati di mente” risultano già poco utili interventi psicofarmacoterapici ed attività occupazionali di istituzionale memoria, pertanto è impossibile offrire visioni psicoenergetiche sottili talvolta poco accessibili anche ai cosiddetti “sani”.

Forti dubbi sono stati nutriti sulle possibilità di una “Psicosintesi Terapeutica”, ritenendo persino il termine “errato ed ingannevole” e quasi “inesistente realtà”. Tali affermazioni sono comprensibili, se mai sino ad oggi la Psicosintesi è stata specificamente applicata in aree cliniche o scarse sono state le ricerche in merito.

Ci piace leggere alla voce “Psichiatria”, nei più accreditati dizionari scientifici, che il termine – ad indicare “cura dell’anima” – è stato coniato in epoca illuministica per designare quella branca della medicina che si occupa delle malattie mentali, le quali nell’antichità e nel medioevo erano considerate di origine sovrannaturale, divina o demoniaca.

Pertanto la Psicosintesi Terapeutica, unica e originale psicologia di matrice italiana, entrata nella storia dello “studio del mondo psichico e dell’anima”, già largamente diffusa in campo umanistico-scientifico, non poteva rimanere inattuata nelle applicazioni cliniche – anche – psichiatriche.

Necessita, d’altra parte, ricordare che nel 1838 J. E. D. Esquirol pubblicava una prima distinzione nosografica tra “pazzi” che dalla normalità approdano alla follia, e “deficienti mentali”, che presentano tratti di insufficienza sin dalla nascita. E lecito quindi affermare che sarebbe da grave restringimento della coscienza, per un cultore di psicologia, generalizzare e pensare che “malato mentale” equivalga a “minus abens”: non in grado di apprezzare o cogliere indicazioni utili per una possibile integrazione o reintegrazione della personalità.

Da ultimo ci risulta irriverente non prendere in seria considerazione la preziosa opera svolta dai grandi della psichiatria che a partire da Ph. Pinel, consegnato alla storia quale “liberatore dei folli”, sin dalla seconda metà del ‘700, ci esortava a considerare l’istituzione asilare quale “grande famiglia composta di esseri turbolenti e focosi che bisogna reprimere, ma non esasperare, dominare con sentimenti di stima e di rispetto più che con il timore servile, finché è possibile; trattarli più spesso con dolcezza, ma sempre con inflessibile fermezza”.

Quindi, già al tempo, intravediamo amore sapiente e volontà forte e buona: atteggiamenti e qualità in azione sinergica e sintetica che trovano chiarezza solo nell’opera di Roberto Assagioli.

IATREIA

Questo lo spirito con cui muove i primi passi, 10 anni orsono, “IATREIA”: centro residenziale sperimentale ad orientamento psicosintetico, ospitato dalla Clinica Neuropsichiatrica “Sorriso sul Mare” di Formia; un presidio psichiatrico che, in linea con i tempi, ha avviato una lenta destrutturazione di un pachidermico sistema manicomiale per la realizzazione di un modello operativo aderente alle esigenze di “nuove coscienze” pur ipotecate da temporanei disagi psichici.

Il Centro “IATREIA” (ιατρεια) che, nel nome e nell’idea, rappresenta quello che nella tradizione delle più antiche scuole mediche erano gli ambulatori: “luogo di Cura”; è diventata una ιατριχα εργαστοια, ovvero “casa di cura in scala ridotta”; “là essi ricevevano i malati; praticavano cure… ” (così leggiamo nei più autorevoli trattati di storia della medicina).

Galeno descriveva gli IATREIA “come locali a larghe porte, in cui la luce penetra senza difficoltà”. Per questo, il Centro di cura e riabilitazione, o meglio di “abilitazione bio-psico-spirituale” ha scelto i giardini adiacenti alla struttura principale della Clinica ospite, che affaccia sul mare da un lato, dall’altro invece costeggia la via principale della città realizzando così simbolicamente e realmente il non isolamento. IATREIA, nella sua radice etimologica è essenzialmente un’idea che vuole esorcizzare tutto quanto è iatrogeno nell’accezione corrente di “tutto quanto è indotto in maniera diffluente da farmaci, parole e posture proposte da chi si pone nelle vesti di colui che cura”.

Perché quindi non recuperare “iatreia” nel suo significato più originario, positivo e costruttivo, e restituire ad un luogo anticamente sacro, il senso dell’incubatio tanto caro all’antica pratica degli asclepiadi?

Roberto Assagioli già nel 1910 esponendo in pubblico le ardite idee di Freud raccolte nelle “Drei Abhandlungen zur Sexualtheorie”, insistendo sul carattere di osservazioni e non di giudizi definitivi, rilevava, nello stesso, una tendenza ad attribuire straordinaria importanza ad un lato inferiore ed istintivo della sessualità e soprattutto alle sue aberrazioni; ciò riteneva derivasse dal fatto che Freud, essendo neuropatologo si trovava spesso a contatto con popolazioni di pazienti “particolarmente malati”, che in qualche modo potevano indurlo a trascurare “gli aspetti superiori” del mondo psichico.

Ma Assagioli affermava, subito dopo, che “solo chi conosce e sa affrontare e domare senza paura e senza ribrezzo i mostri oscuri che pullulano nelle regioni del proprio essere, può, sicuro dalle loro insidie, esplorare le vette più luminose della propria anima e studiare i più alti misteri della vita umana”. Alludeva a quello che lui definì il mistero centrale dell’essere: il vero io.

GLI OPERATORI

Chi lavora in ambito istituzionale è costantemente costretto, nell’osservazione clinica ordinaria, a rilevare basse tendenze espressive ed è proprio per questo che gli operatori di “IATREIA”, forti della formazione personale in Psicosintesi e di datate esperienze cliniche, hanno deciso di non escludere la possibilità di scoprire, risvegliare ed evocare aspetti superiori della personalità e dell’anima negli ospiti.

L’équipe è stata certamente confortata da esperienze di riabilitazione psichiatrica del collega americano Blair Gelbond, che opera da oltre 15 anni nell’ambito di un Programma di Stato a Framingham nel Massachusetts, utilizzando un processo terapeutico riabilitativo centrato sulla famiglia combinato con modalità d’intervento psicosintetiche. L’autore americano, di formazione psicosintetica, lavora in un centro post-cura, legato all’ospedale psichiatrico di Boston, ed è iniziatore di un tentativo ben riuscito di intervento su psicotici gravi.

Tutto quanto ci ha stimolato ancor più, dinanzi ad eventi che ormai sembrano segnare la sconfitta della de-istituzionalizzazione per inconcludenti o ritardati interventi che dovevano mirare alla creazione, in tempi brevi, di risorse comunitarie riabilitative adeguate. Si è realizzato invece un andirivenimento di “malati” che si reiterano in fatue dimissioni dai ricoveri per rientrarvi, disorientati sempre più e scadendo così nella sindrome della “porta girevole”.

Così in “IATREIA” medici, psicologi, educatori ed altri operatori pur in esigue unità, hanno colto l’occasione di condividere una propria crescita e formazione secondo l’ottica della Psicosintesi. Hanno poi cercato di adattare alcuni aspetti teorici e pragmatici psicosintetici, applicandoli ad una popolazione di persone sofferenti, certamente non educate o facilmente recettive, causa le datate ed obbliganti psicopatologie, ma straordinariamente predisposte ad accogliere, sentendosi scelte e privilegiate, le buone energie degli operatori, tutti presi dall’intento di facilitare nei loro pazienti una crescita psico-spirituale, la sintesi di una mente oltremodo diffluente con un cuore schermato e diffidente, l’integrazione di aspetti qualitativamente elevati abbandonati o non presi in considerazione.

Le qualità su cui si sono polarizzati mentalmente gli operatori del “Centro Sperimentale” possono essere così sintetizzate:

  • spirito di servizio oltre le definizioni formali di un mansionario
  • osservazione e sospensione del giudizio
  • fiducia nel gruppo umano ed in quello degli ospiti, nella possibilità di evocare una parte sana di ogni individuo e del gruppo stesso
  • attivazione ed allenamento della volontà di bene
  • ottimismo e gioia nonostante gli ipercriticismi e difficoltà di gestione, imposte sia dai limiti di stratificate patologie che dal personale della struttura clinica di base spesso indifferente al progetto
  • cooperazione, coesione, convergenza sui punti focali del piano terapeutico secondo le linee guida della Psicosintesi
  • coraggio nell’esporre i principi della Psicosintesi e viverla nei rapporti interpersonali con gruppi interni e referenti esterni
  • tensione costante verso gli aspetti psichici qualitativamente più elevati di sé nell’apertura esperienziale al vero io o Sé transpersonale, che in ognuno abita.

Dei punti focali dell’allenamento in Psicosintesi (disidentificazione, esperienza della centralità dell’io rispetto alle funzioni periferiche, la volontà, il modello ideale, la sintesi, il supercosciente, il Sé transpersonale), solo su alcuni di essi ci è stato possibile lavorare. Si è guardato costantemente ai pazienti secondo una prospettiva di “salute” oltre che di “malattia”, cercando così di evitare l’esautoramento dell’ospite dovuto al numero nosografico dell’etichettatura diagnostica (evitando altresì le aspettative negative pur prevedibili, in quanto, come da legge psicodinamica, tendono a realizzarsi per il solo fatto di essere state formulate). Si sono tenute ben presenti le visioni che Roberto Assagioli ci ha dato del “male” quale momento dello sviluppo evolutivo, uno stadio di passaggio necessario, un’occasione, uno stimolo, un appello all’azione sanatrice e rigeneratrice delle forze del “bene”, e delle “crisi” (psichiche), da intendersi quali dinamici tentativi dell’io di auto-realizzarsi, liberandosi dal conformismo e qualunquismo in cui si dibatte quotidianamente.

L’ATMOSFERA TERAPEUTICA

L’atmosfera che si respira a “IATREIA” è il più possibile gioiosa, sostenuta da ottimismo e soprattutto da un sano umorismo, quello che Roberto Assagioli definiva l’”intimo sorriso dell’anima”. Anche se potrà sembrare scontato, abbiamo avuto modo di osservare in questi atteggiamenti una già possibile, se pur elementare, sintesi consistente proprio in un’apertura mentale e nella disponibilità interiore alle innovazioni volte ad ottenere effetti terapeutici più concludenti e visibili. Troviamo conferma di questo nell’affermazione di Blair Gelbond che nelle sue esperienze cliniche, dice in proposito: “Ha a che fare con una fiducia nelle risorse innate degli individui e con un’apertura del cuore che abbraccia pazienti ed operatori in una costante dimostrazione della potenza dell’amore e dell’accettazione”.

Caratteristica del Centro “IATREIA” è la spontaneità, in libertà e creatività, che è data agli operatori, e che potrebbe essere letta come spontaneismo a svantaggio di rigide pretese scientifiche, ma che invece si sostanzia nel fatto che spesso è proprio tramite sforzi combinati delle unità operative dell’équipe che un ospite-paziente è capace di compiere “un passo successivo” nel processo di cura; un passo avanti verso una crescita o semplicemente ad evitare un break-down, il cosiddetto crollo o ricaduta.

Ad una lettura superficiale tutto ciò può apparire semplicistico, ma lo specifico consiste nel fatto che – nell’atteggiamento sintetico – qualità opposte (gioco-umorismo e lavoro-regola, emozione-sentimento e pensiero-mente, impulsività-desiderio e immaginazione, sensazione e intuizione, amore e volontà) possono intrecciarsi ed interagire l’uno con l’altro eliminando pesanti ipoteche sull’espressività delle funzioni psichiche.

Tutto ciò tende a liberare grandi quantità di forze muovendo verso livelli di integrazione sempre più alti, componendo (συνιησισ) così energie da direzionare verso modelli più aderenti possibile a quello originale di ogni individuo. Un paziente con diagnosi di schizofrenia, in un lavoro di gruppo sul tema della sofferenza, l’ha definita – in un momento di insight- una “perdita di intimità tra mente e corpo”.

 

L’équipe di “IATREIA” offre agli ospiti, in gran parte psicotici di medio-grave entità, la possibilità di sperimentare graduali espansioni di coscienza attraverso un procedimento di coltivazione e maturazione di energie che conduce all’attuazione di potenzialità insite in ognuno, anche se talvolta difettualizzate a livelli profondi.

Il lavoro mira a “metter fuori” quel prezioso materiale inutilizzato ancora esistente nell’ospite e che diviene vero oggetto-soggetto da curare, abilitare e riabilitare nella sua funzionalità. Il tutto è costantemente sostenuto da tecniche di rinforzo necessarie perché l’io possa essere messo in condizione di allargare – senza pericolo – la sfera della coscienza. Nelle fasi preliminari il lavoro si svolge spesso in gruppi di facilitazione per chi dovrebbe uscire da ricoveri obbligati ed entrare in una propedeutica all’ingresso in strutture alternative.

“IATREIA” negli ultimi anni, non essendo ancora ufficialmente comunità terapeutica, ha svolto in modo del tutto innovativo proprio il ruolo di ponte fra vecchio mondo istituzionale e nuove strutture di cura e riabilitazione; si è però spesso cimentata a supplire la carenza di realtà alternative ed utilizzando le sue piccole risorse, ha realizzato grazie allo specifico orientamento psicosintetico un modello unico ed originale offrendosi quale “comunità” vivente ed agente.

Uno degli obiettivi primari e basilari, a cui il Centro Psicosintetico ha sempre mirato nel processo terapeutico è stata la facilitazione dello sviluppo del singolo e del gruppo intero (dai 10 ai 20 ospiti), della conoscenza ed integrazione delle funzioni psichiche della personalità – allenando la capacità – di osservarsi e pensar meglio; offrendo modalità e tecniche personalizzate per sedare o contenere imponenti e talvolta devastanti stati d’ansia che agli stessi è dato di leggere quali energie in sospensione che attendono giusta canalizzazione e che attraverso molteplici tecniche arte-terapeutiche integrate con quelle psicosintetiche, spesso hanno trovato esplicitazione a livelli superiori, ridonando dignità psico-spirituale ad energie che si esprimevano di sovente in forme arcaiche.

Tale lavoro si è riscontrato rispondente alle indicazioni proposte da Roberto Assagioli nel suo Principi e Metodi della Psicosintesi Terapeutica, nel quale ci esortava a porgere al paziente, in special modo in fase iniziale di un trattamento, “adeguate istruzioni sulla costituzione psichica dell’uomo”. Nei momenti di cura è risultata fondamentale l’esposizione dei diagrammi che la Psicosintesi ci offre, datati 1958 nella loro concezione definitiva: l’uno strutturale (l’ovoide), l’altro funzionale (la stella delle funzioni). Questi si sono prestati a significative ed innovative applicazioni oltre che sul piano informativo, educativo anche specificamente clinico in ragione dell’originale agilità tecnica con cui possono essere utilizzati.

Nelle attività di gruppo abbiamo avuto modo di osservare e constatare come la “stella delle funzioni” in particolare ha rappresentato realmente, nella sua semplice ma grande forza evocatrice, un’immagine che ha già in sé una forza coagulante e sintetica; un mandala, uno psicocosmogramma tale quale quelli utilizzati per la meditazione nelle tradizioni indù, buddhiste o tantriche, ma ancor meglio potremmo definire la “stella”, per la sua linearità e caratteristiche strutturali stilizzate, uno YANTRA.

La proposta della “costituzione psichica” è apparsa un modulo attraverso il quale far passare tanta energia confusa, se non un vero e proprio metodo, del tutto psicosintetico, di fare analisi ed al tempo stesso offrire una visione unitaria ed unica delle energie emergenti senza i pericoli di una destrutturazione per personalità a rischio. Sin dai primi passi di “IATREIA” il diagramma funzionale, creato in formato gigante dagli ospiti nell’atelier di ebanisteria e di espressione creativo artistica, posto sulla parete di fondo della sala che ospitava il gruppo, è risultato un potente simbolico magnete che ha sempre polarizzato l’attenzione dei pazienti riducendone frequentemente anche gravi diffluenze durante i percorsi terapeutici.

È fondamentale rilevare che ancor oggi per gli stessi operatori la stella delle.funzioni è un prezioso strumento che realizza visivamente lo sviluppo dell’evoluzione filogenetica che tende a ripetersi nella nostra ontogenesi; valido ausilio nel processo di armonizzazione e composizione delle proprie energie e di quelle dei pazienti; funzionale ad una costante correzione dell’utilizzazione e della direzione dei propri canali espressivi nella comunicazione.

In ragione di questo, il contatto con il paziente a “IATREIA” ha sempre avuto il tono dell’amicizia, in amorevolezza e semplicità; il tono del distacco dai ruoli e la comprensione delle inutili identificazioni in essi a che il paziente potesse avere reali modelli per una produttiva disidentificazione dal suo essere personaggio “malato” in cui abita e spesso si annulla. Gli operatori, senza distinzione autentica in livelli gerarchici sono tutti – oggi – in grado di rappresentarsi quale “guida”; che segue e procede accanto a chi ha perso il contatto con se stesso e l’aderenza alla realtà.

Sappiamo che in un processo terapeutico psicosintetico assume grande valore il termine “guida”, che può essere senza dubbio sostitutivo di “terapeuta” in quanto denota quel rapporto in cui esistono al tempo stesso una genuina presenza e la capacità di applicare le giuste tecniche. Gli operatori del centro “IATREIA” hanno sperimentato il valore di “essere se stessi” nel rapporto, senza nascondersi dietro facciate professionali, creando quindi maggiori possibilità di indurre nei pazienti piccoli ma straordinari elementi per processi di crescita e cambiamento. “IATREIA” chiede agli operatori mediante il tono della voce, il linguaggio fatto di parole semanticamente scelte, il linguaggio corporeo ed i contenuti, di comunicare calore, accettazione, empatia, fermezza perché si crei quella indispensabile fiducia: l’unica che può facilitare un processo di cura.

 

In questo spirito è stato facile giungere ad un proficuo lavoro sulle subpersonalità – altro tema basilare della Psicosintesi – che in ambiente clinico-psichiatrico ha assunto un particolare valore riguardo a quelle psicopatologiche. Percepire e classificare le varie parti di sé, malate e in conflitto, essendo un lavoro pratico e definito in contrasto con argomentazioni astratte su idee, pensieri e sentimenti è stato facilmente accolto. In special modo il lavoro si è colorato del “gioco delle auto-diagnosi”, sulle etichette, definizioni nosografiche come da cartella clinica; gioco di drammatizzazione, sdrammatizzazione, esposizione di sé nel superamento di giudizi e pregiudizi vissuti; di sollevamento e liberazione almeno formale nell’affermazione di essere “altro da”.

Abbiamo osservato ed esperimentato che il paziente in grado di riconoscersi e disidentificarsi – in parte – nel “gioco delle auto-diagnosi” può recuperare e ritrovarsi, riconoscersi in parti di sé ed energie prima ipotecate; energie-volontà riscoperte che permettono di “andare oltre”: conquista straordinaria per chi si vive “cronicizzato” e stazionario nel suo decorso.

Nel centro “IATREIA” l’aspetto che si cura particolarmente è sviluppare le capacità di entrare in rapporto con il paziente come un “Sé”, guardando alla sua parte migliore quale “possibile” centro di consapevolezza e volontà, e non come “incapace di”. Obiettivo fondamentale che l’équipe desidera raggiungere è che il paziente comprenda e realizzi: “io ho una malattia ma io non sono la malattia”; ciò significa entrare in contatto con il suo potenziale sano.

Dice Roberto Assagioli: “È necessario sviluppare le capacità di attraversare i livelli di ansia, tensione, di paura ed insicurezza, di falso orgoglio, penetrare attraverso le false identificazioni ed arrivare al centro della persona, alla sua essenza riconoscendola, salutandola ed affermandola”.

Tutto ciò significa andare al di là della sofferenza e del caos di cui i pazienti sono preda e portatori; guardare al loro centro positivo e creativo e permettere loro di riconoscersi in quello che realmente sono; di esprimersi offrendo loro ogni possibile strumento utile che “IATREIA” ha trovato nella vasta area dell’Art-Thérapie perché essa ci apre alla bellezza, ci conduce e ci porta al di fuori del mondo stretto dei nostri pensieri abituali. L’impegno costante degli operatori è proprio questa ricerca della “bellezza” in tutti i lavori che si realizzano “pretendendo” quasi dalla “parte sana”, ancora vivente nei singoli ospiti, di produrre quanto di più originale c’è nella loro personalità e nell’anima, nonostante vengano spesso definiti “anime perse” e si presentino talvolta esteticamente decadenti.

Scrive Assagioli nel suo I Tipi Umani: “Ognuno di noi può e deve fare del materiale vivente della sua personalità, non importa se sia argilla, marmo o oro, un oggetto di bellezza, attraverso cui possa manifestarsi adeguatamente il suo Sé transpersonale”.

Altro principio chiave, che “IATREIA” tiene bene al centro della coscienza in ogni operatore e nel lavoro comunitario, è l’identificazione con aspetti sempre più maturi e più vitali di sé perché “qualsiasi aspetto cui si dà energia ed attenzione cresce in potenza ed intensità”.

Oggi possiamo dire, dopo dieci anni circa, che “IATREIA” si è avvicinata ad operare anche su quello che con i colleghi francesi amiamo definire “modèle du possible” o “modello ideale”, grazie all’utilizzazione della “Stella delle Funzioni” che continua a rappresentare un’immagine evocante armonia su cui sovrapporsi agilmente in un gioco conoscitivo e di trasformazione di se stessi; un modo di entrare nella vita a testa alta con buon umore e coraggio, vedendosi in un “gioco e rappresentazione di sé, attori, compresi e protagonisti”; terapeuti e pazienti uniti alla ricerca di un regista sapiente: l’io e la sua preziosa “funzione del volere” che guida ad utilizzare al meglio i canali espressivi rappresentati dalle funzioni.

Tutti hanno esperimentato il piacere di essere un po’ “padroni in casa propria”, recuperando le proprie capacità nell’arte di modellarsi attraverso le molteplici tecniche dell’Arte-Terapia: ebanisteria, espressioni creativo-artistiche nella pittura e modellaggio, espressione teatrale, psico-corporea e musicale. L’atmosfera di base in tutti i lavori è la Musica, sia come sfondo che in specifica applicazione in vera e propria musico-terapia prediligendo, oltre che brani selezionati di musica classica, le dolci vibrazioni della migliore New Age Music.

In proposito Roberto Assagioli, nel capitolo delle “Applicazioni Speciali” del suo libro di Psicosintesi Terapeutica, ama citare una frase della relazione del “Gruppo Musicale delle Prigioni” di Parigi:

“noi riteniamo che per ‘toccare’ esseri umani della più bassa categoria occorre offrire quanto vi è di più elevato”.

La preziosità di questa espressione ha spinto IATREIA ad applicare costantemente e per quanto possibile la Psicosintesi nel processo di cura. A proposito del “modello del possibile” agli ospiti è dato di sperimentare singolarmente proprio nei momenti di maggior difficoltà di integrazione, la possibilità di calarsi in ciò che farebbe se fosse capace di prendersi cura di sé e degli altri. Gli viene chiesto di creare, descrivere nei particolari, un’immagine realistica di sé; stimolato ad agire “come se” e spesso come se fosse il conduttore del gruppo insegnandogli ad immaginarsi di possedere capacità che desidera per sé. Questa concentrazione all’attenzione, in piccole responsabilità, alimentata dal desiderio – dice Hyde – può “toccare il nucleo interno di disperazione con una forte mano che aiuta” ed è qui la chiave per la cura e riabilitazione di individui psicotici.

Non poteva, in ultimo, non essere tenuto presente nei lavori la volontà coltivata nei suoi aspetti di bontà, forza ed abilità nel cercare il bene, nel volere il bello e stimolando gli ospiti a realizzare lo scambio del “munus”, creando lo spirito del “communus”. È nata così la volontà di crescere, di salute, di significato: elementi cruciali nel determinare il successo della cura e l’avvio ad una autentica riabilitazione. Collaborando con l'”inevitabile”, come ci insegna Roberto Assagioli, mostrando la funzione che hanno gli ostacoli di far emergere la volontà latente e stimolarci a sviluppare qualità superiori nella lotta per superare le difficoltà; i problemi del quotidiano, la malattia psichica e i disagi nella relazione in tutta la loro gravità sono stati vissuti spesso dai pazienti quali opportunità di crescita e cambiamento.

Ne è emerso soprattutto la visione delle difficoltà come sfide o mezzi per migliorare se stessi; una tendenza all’azione per “cambiare le cose”, “rinnovarsi nelle forze”. Ma è avvenuto di frequente che gli ospiti si vivessero in un’accettazione più serena della realtà della propria esistenza: protagonisti – in questo – della vita e non supinamente rassegnati e tendenti a ricercare rifugio e difesa nella confusione e scissione di sé.

La Psicosintesi, così sperimentata a “IATREIA”, si è imposta quale valido strumento per utilizzare e sistematizzare le potenti forze di rigenerazione che esistono in ogni individuo; un invito costante ad espandere il contesto terapeutico e del trattamento in modo da prendere in considerazione l’individuo ed il suo universo in tutta la sua totalità, offrendogli la possibilità di non restare nell’inferno del suo dolore, ma di utilizzare la propria sofferenza, ricostruendo la sua “intimità” nel contatto con le qualità del supercosciente e con tutto il suo potenziale di guarigione e di crescita.

Si è spesso assistito nell’opera di cura ai due momenti cardine del trattamento psicosintetico:

trasformazione del rapporto del paziente con la struttura clinica e con la famiglia da totale dipendenza ad una sufficiente autonomia;

guarigione o meglio, sensibile miglioramento cui si è mirato non per recessione sintomatologia ma con possesso e disponibilità di sé, delle energie precedentemente ipotecate, di qualità e potenzialità abilitate e rieducate.

 

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