Il transpersonale in psicoterapia rischi e opportunità

Rivista di Psicosintesi Terapeutica – Anno XII Numero 25, Marzo 2012

IL TRANSPERSONALE IN PSICOTERAPIA RISCHI E OPPORTUNITÀ

di Anna Maria Finotti
Psicologa e psicoterapeuta, didatta della Società Italiana di Psicosintesi Terapeutica (SIPT), Bolzano. Indirizzo per la corrispondenza: annamariafinotti@alice.it

Many are the resistances activated by the Ego against the inner conversion that is required when the personality’s barycentre shifts from the Ego to the Self, when confronting the Transpersonal, the Ego puts in place the same defence mechanisms as it does against the lower unconscious. A good personal psychosynthesis and some preparatory work prove therefore to be indispensable in order to avoid premature escapes “upwards “, often acted by an inflationated Ego that projects through pseudo-sublimations onto an idealized model of itself, and that often isolates some neurotic or even psychotic nuclei. This happens until someone matures the awareness that exclusively the relation Ego-Self heals the existential splitting caused by the identification with a superegoic Ego: at that point we are conducted back on the path towards our auto-realization. On a psychotherapeutic level the Transpersonal moves the focus from the principle of identity, that belongs to the egoic sphere, to the principle of individuality, that becomes the purpose of the individualization process. Keywords: psychosynthesis, transpersonal, psychotherapy.

Molte sono le resistenze che l’Io attiva di fronte alla conversione interiore richiesta per spostare il baricentro della personalità dall’Io al Sé per cui mette in atto gli stessi meccanismi di difesa utilizzati per l’inconscio inferiore. Necessaria perciò una buona psicosintesi personale e un lavoro di preparazione per evitare le fughe anticipate verso l’alto spesso agite da un Io inflazionato che si proietta in un modello idealizzato di sé attraverso pseudosublimazioni e isolando nuclei nevrotici o anche psicotici. Fintanto che non matura la consapevolezza che solo il rapporto Io-Sé guarisce la scissione esistenziale messa in atto attraverso l’identificazione in un io genitoriale superegoico riportandoci sul sentiero della nostra autorealizzazione. Sul piano psicoterapeutico il transpersonale sposta l’attenzione dal principio di identità che appartiene alla sfera egoica a quello di individualità che diventa meta del processo di individualizzazione. Parole chiave: psicosintesi, transpersonale, psicoterapia

 

Ringrazio innanzitutto gli ex allievi che mi hanno sollecitata a partecipare a questa giornata di studio, perché hanno dato modo anche a me di mettere a fuoco aspetti della Psicosintesi, che davo forse troppo per scontati. Ad esempio, che l’uso del transpersonale in psicoterapia appariva a R. Assagioli con assoluta chiarezza essere la meta ma anche il mezzo del percorso psicosintetico già nel 1926, quando condensa nell’ovoide il suo messaggio.

Inoltre che sempre l’ovoide nella sua pregnante semplicità simbolica ci sfida a una doppia comprensione. La prima che la verità, come raccomandano anche tutte le tradizioni spirituali, va cercata dentro di noi e non sui libri, nella nostra struttura bio-psico-spirituale che diventa uovo alchemico, athanor della nostra trasformazione, principio di vita come l’uovo cosmico. Ma ad una condizione: che l’uovo sia aperto in tutte le sue parti interne ed esterne per permettere la relazione tra l’alto e il basso, il dentro e il fuori secondo l’antica formula ermetica, perché la relazione è la condizione stessa della vita. A partire dal livello subatomico e atomico della materia. Non so se fino ad oggi siamo stati in grado di apprezzare e utilizzare fino in fondo questo dono, di cui non possiamo che essere grati al fondatore della nostra Scuola, che si presenta come un precursore della psicologia transpersonale e non solo.

Il termine stesso di transpersonale etimologicamente presuppone che si arrivi oltre passando attraverso. Dà quindi per scontato che si sia attuata una buona psicosintesi personale prima di passare ai piani alti della casa, vale a dire aver visitato i labirinti interiori delle nostre cantine, in un processo di liberazione che ci porta a renderci conto, come i personaggi del mito della caverna di Platone, che scambiavamo le ombre per realtà. È l’indispensabile momento analitico, che prevede l’individuazione delle subpersonalità (anticipazione della lettura comportamentistica) e dei bisogni nonché delle paure che le supportano, creando dipendenza dall’io genitoriale; il riconoscimento dei meccanismi di difesa che mettiamo in atto; l’armonizzazione delle funzioni, onde evitare scompensi per iper o ipo funzionamento delle stesse, al fine di portare i nostri vissuti nel campo della coscienza.

Ciò prevede lo spostamento del baricentro interiore dall’io genitoriale all’Io personale e, quando ciò riesce, può darsi che l’euforica sensazione di aver scoperto di essere un Io, capace di consapevolezza e volontà, che ha imparato a governare i contenuti del campo di coscienza per non esserne governato, faccia credere a molti di essere arrivati. E qui possono arrestarsi molte psicosintesi, che a volte vengono riprese a distanza di tempo, quando il soggetto interessato percepisce che la costruzione di un Io efficiente si dimostra insufficiente a dare un significato ultimo alle nostre vite, che l’autoaffermazione non coincide con l’autorealizzazione, che anzi può diventare una trappola, perché l’Io risulta essere punto di partenza e non di arrivo.

A questo punto si presenta il rischio delle fughe anticipate nel transpersonale, simili al “viaggio folle” dell’Ulisse dantesco, che varca le colonne d’Ercole, limite massimo posto all’uomo dagli dei, senza una mappa e senza una guida e viene inabissato da un turbine, quando è in vista di una montagna altissima, la cui cima si perde nel cielo. È la montagna del Purgatorio, la cui salita è propedeutica al volo verso il Paradiso, che non si può però raggiungere se non passando attraverso l’Inferno. Perché Dante aveva già capito quanto la nostra Scuola propone, tanto che Assagioli ha definito la Divina Commedia “poema psicosintetico per eccellenza”.

La Psicosintesi fornisce una mappa, ma è di ciascuno trovare la propria via, che è assolutamente personale, perché unica e singolare è la nostra individualità e di conseguenza unico e singolare il nostro processo di individuazione, che diventa la risposta a quelle chiamate interiori, a quelle “vocazioni”, che altro non sono che la voce del nostro Sé. E, detto questo, ci rendiamo conto che solo la libertà del terapeuta potrà garantire quella del paziente in un processo di accompagnamento, fatto di identificazione per incontrarlo lì dove egli si trova, adeguandosi al suo passo ed entrando nelle sue resistenze, e contemporaneamente di disidentificazione per capire a quale livello dell’ovoide si colloca il disturbo e a quale il suo stato di coscienza.

Ma per favorire quella rivoluzione copernicana interna alla psiche, che prevede lo spostamento del baricentro dall’Io al Sé è indispensabile un lavoro di preparazione per evitare quei fenomeni di abbagliamento, quei depistamenti transpersonali, simili ai miraggi nel deserto, che si traducono in false sublimazioni e fanno confondere esperienze che hanno a che fare col superconscio con esperienze del Sé. A questo punto sembra opportuno inserire un momento psicagogico per presentare una metaforica mappa del percorso al paziente per saggiare dove si trova e valutare se lo riteniamo sufficientemente attrezzato.

Lo stesso Platone nel mito citato avverte il pericolo che coloro che nel buio della caverna hanno scambiato le ombre per realtà, quando ne escono possano rimanere abbagliati dal sole, per cui raccomanda di abituare l’occhio alla luce, guardando il riflesso del sole e degli oggetti da esso illuminati nell’acqua. E come il sole, rimanendo inattingibile all’occhio, rivela se stesso attraverso ciò su cui si posa, così il Sé rimanendo ineffabile, rivela se stesso attraverso aspetti dell’inconscio superiore, che è il suo luogo di manifestazione.

Essendo però il Sé una fonte energetica, ha bisogno di quei trasformatori di potenza di cui parla Assagioli, onde evitare cortocircuiti con conseguente inflazione dell’Io. I trasformatori di voltaggio che ci permettono di gradualmente accostarci all’area di vibrazione del Sé possono essere: l’allenamento alla sintesi degli opposti onde uscire dalla scissione che arresta ogni processo evolutivo, riconoscendo il principio di polarità come sottostante a tutta la manifestazione, il che prevede anche il superamento del pensiero duale; l’attivazione delle qualità transpersonali che ci spostano nell’area di vibrazione del Sé: Bellezza, Verità, Giustizia, Gioia, Umiltà, Fiducia, Gratitudine, Libertà… per arrivare all’Amore che tutte le comprende e le trascende; l’uso dei simboli che sono per loro natura magnetici; lo sviluppo dell’intuizione; l’attivazione del principio Femminile recettivo e intuitivo, capace di quel sì senza il quale non avviene alcuna trasformazione; l’allenamento al dialogo tra l’Io e il Sé; la pratica della meditazione o della preghiera. Senza trascurare tutte le tecniche corporee che favoriscono l’indispensabile integrazione bio-psico-spirituale, della cui importanza Assagioli è stato anche anticipatore, tanto che sarebbe da chiedersi se ripristinare la prima denominazione della nostra Scuola.

Quando l’inconscio superiore non è stato ancora esplorato può succedere che un Io ipertrofico, gestito ancora da qualche subpersonalità “vincente” tipo wonder woman o showmen e sostenuto da qualche funzione ipersviluppata (pensiero, volontà, immaginazione o altro…), come Narciso veda e abbracci solo se stesso nell’illusione di essere già un Sé, morendo così al proprio processo evolutivo. Il rischio sottostante è che nuclei nevrotici o psicotici (stati depressivi, borderline, aspetti isterici, nuclei schizoparanoidi o sadomasochistici, ecc…) vengano isolati, mentre il soggetto attraverso il meccanismo di identificazione proiettiva, sostenuto da quelli di compensazione o formazione reattiva, si fissa su un modello idealizzato di sé con la comparsa anche a volte di fenomeni paranormali e/o pseudomistici.

Ci viene in aiuto come sempre lo spazio interpersonale, che ci fa da specchio e da cartina al tornasole in tutte le situazioni, oltre che per capire a che livello di coscienza siamo noi, in questi casi soprattutto per capire a che livello si trova il paziente, che non può rinunciare ai propri meccanismi di difesa senza rischiare una destabilizzazione, ma può essere guidato attraverso la nostra visione a vedere se stesso. Anche Socrate soleva dire che “nessuno viene in chiaro con se stesso da solo”.

Ma il Sé ha bisogno di un Io libero o meglio liberato, capace di scelte e di responsabilità, per potersi fare “realtà personale sperimentabile” come lo definisce Assagioli, per diventare esperienza viva, vuol dire emozione spirituale. Perché etimologicamente solo una e-mozione muove via da, sblocca ciò che è stato rimosso come ci insegnano le dinamiche relative all’inconscio inferiore. E cosa c’è di più rimosso del Sé e dell’inconscio superiore? Ben lo sapevano i pitagorici ai cui adepti come rito di ammissione era chiesto di andare alla fonte di Mnemosyne per chiedere: “Restituiscimi la memoria della mia origine divina”. Lo stesso significato è legato ancora oggi ai riti battesimali delle varie culture religiose.

A questo punto però molte sono le resistenze che l’Io attiva nei confronti del Sé, con cui dovrebbe stabilirsi una relazione come indica il tratteggio all’interno dell’ovoide. Ma sappiamo anche quanto le relazioni primarie siano importanti per lo sviluppo della personalità e diventino paradigma per ogni ulteriore relazione soprattutto per quelle affettivamente più importanti. Per cui le ferite narcisistiche prodotte da carenza di amore e di riconoscimento, sono destinate ad essere inconsciamente proiettate sul Sé, scambiato spesso per un Io genitoriale castrante, determinando così ab origine una dolorosa scissione. La frustrazione dei bisogni primari infatti porta sì a una rimozione degli stessi, ma non li diminuisce anzi li fissa con il loro corredo di aggressività reattiva, colpa, auto-svalutazione, generando disadattamento della personalità quando non dinamiche patologiche. A questa prima eventuale resistenza si aggiungono tutte le resistenze personali al cambiamento, che richiede la “conversione” al transpersonale, che mettono in atto gli stessi meccanismi di difesa utilizzati nei confronti dell’inconscio inferiore.

Lo stesso tratteggio usato da Assagioli sembra suggerire che si tratta di un rapporto costantemente da conquistare, fatto di tanti passi e altrettante intenzioni per le difficoltà dell’Io, che mette in atto tutte le sue dinamiche difensive. Finché l’Io non riesce a interiorizzare che, essendo esso un aspetto del Sé, indispensabile per la sua manifestazione, non può che essere dal Sé incondizionatamente amato come suo avamposto all’interno della personalità. Quando scatta questo insight il Sé diventa il suo migliore alleato per rompere le dipendenze nei confronti dell’Io genitoriale, per andare oltre il senso di colpa, perché vera colpa a livello esistenziale appare allora il tradimento del proprio processo evolutivo, la non restituzione alla vita dei “talenti” che ci sono stati consegnati.

Scoprire di ospitare dentro di noi Qualcuno che non può che amarci di un amore incondizionato ci aiuta a guarire le ferite narcisistiche saldando la scissione esistenziale, a ritrovare autostima e rispetto per noi stessi accettandoci per come siamo, a uscire dalla solitudine interiore, ad aprirci sempre più alla relazione, a sacralizzare la nostra vita, perché in questa ottica l’Io si scopre coadiutore del Sé e nel processo di guarigione interiore coredentore del Redentore. In una circolarità e complementarietà di opposti anche a questo livello, la cui sintesi, quando ci è concessa (perché è il Sé che apre la porta, all’Io il compito di preparare la strada), diventa esperienza di uno stato interiore unitivo, quieto, silenzioso, intuitivo, che si traduce in una specie di segreta gioia senza perché.

È opportuno anche ricordare che il Sé ha una doppia faccia, una rivolta verso la personalità che impregna del suo soffio, l’altra rivolta ai mondi dello spirito da cui proviene come emanazione di un Sé Cosmico, Universale che si storicizza con nomi diversi secondo le varie culture religiose, permanendo Uno.

A questo punto il pedaggio da pagare per proseguire il cammino è quello della Verità, quella verità da trovare dentro di noi, “spogliandoci” come viene detto nelle tradizioni spirituali, mettendoci a nudo, perché solo la verità ci restituirà alla nostra libertà. E inoltre quello di rinunciare alla cosa più cara, vale a dire mollare gli attaccamenti che diventano fissazioni. E quale cosa più cara di quella di una presunta identità conquistata a fatica, magari anche attraverso una psicoterapia come sappiamo tutti noi che siamo qui? A questo punto entriamo nel mondo del paradosso, che diventa la “porta stretta” attraverso cui passare. I concetti si capovolgono come immagini nell’acqua: la povertà diventa ricchezza, il dare ricevere, la rinuncia conquista, la volontà accettazione, l’obbedienza libertà, il controllo abbandono, la morte vita, le tenebre luce… fino alla provocazione che è necessario “perdere la propria vita per salvarla” e “ritornare come bambini per entrare nel Regno”.

Dobbiamo inoltre ricordare che per le leggi della psicoenergetica quando viene attivato un punto di un campo energetico si attiva tutto il campo. Nel nostro caso viene detto che “quando compaiono gli angeli si svegliano i demoni”, vale a dire che attivando le energie dell’inconscio superiore tornano a galla aspetti non risolti dell’inconscio inferiore, perché aumentando la luce aumenta la zona d’ombra illuminata, tanto che i grandi santi si sono definiti sempre grandi peccatori, perché mentre procediamo ci sembra di regredire in quanto aumenta la capacità di vederci. Assagioli ci avverte di questo elencando le cinque fasi del processo di risveglio interiore, che culmina con la “notte oscura” di cui parlano i mistici.

Questo percorso “oltre la soglia” viene vissuto in termini opposti dalle tradizioni spirituali dell’Occidente che lo esprimono in termini di “pienezza”, rispetto a quelle dell’Oriente che lo esprimono in termini di “svuotamento”. La meraviglia a questo punto consiste nel constatare che i due emisferi del nostro pianeta, che si contendono alternativamente la luce e l’ombra, diventano nella loro opposta visione del cammino interiore anch’essi complementari a dimostrazione della universale somiglianza di tali percorsi. Per cogliere il concetto, a livello intuitivo ci viene in aiuto a questo punto la bella immagine della brocca, che per essere piena deve farsi vuota, ma che per esistere ha bisogno della creta che ne definisce la forma. Immagine che riaffiora nel grande mito europeo della ricerca del Graal, che altro non è che la coppa della nostra autorealizzazione.

In questa ricerca il nostro andare diventa un tornare alla terra promessa, al paradiso perduto, alla città delle origini, a qualcosa di già conosciuto in quanto potenziale dentro di noi e il cui richiamo alimenta la nostra nostalgia. Nell’apocalisse viene detto che a chi arriverà alla meta, “al vincitore verrà data della manna nascosta e un ciottolo bianco su cui sarà scritto un nome nuovo, quale nessuno conosce se non chi lo riceve” (Ap. 2, 17). È il nome della nostra individualità segreta, cibo celeste, nome nuovo, che corrisponde alla nota vibrazionale del nostro Sé, che solo noi possiamo conoscere.

Sul piano psicoterapeutico il percorso transpersonale sposta così l’attenzione dal principio di identità, che appartiene alla sfera egoica a quello di individualità, che diventa la meta del processo di individualizzazione. Possiamo perciò concludere in termini psicosintetici, parafrasando Freud che ha detto “dove era l’Es sarà l’Io”, e decriptando il messaggio ultimo contenuto nell’ovoide, “dove era l’Io sarà il Sé”.

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