Sintesi e processo psicoterapeutico

Rivista di Psicosintesi Terapeutica – Anno XVIII Numero doppio 35-36, Marzo-Settembre 2017

SINTESI E PROCESSO PSICOTERAPEUTICO

di Massimo Rosselli
Medico psichiatra e psicoterapeuta, allievo e collaboratore di Roberto Assagioli, socio fondatore e didatta della Società Italiana di Psicosintesi Terapeutica, docente della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Psicosintetica, già Presidente SIPT, Firenze.
Indirizzo per la corrispondenza: massimo.rosselli@unifi.it

In the present article some fundamental aspects of synthesis are considered. Synthesis is seen as a quality and principle, as a process-oriented method and as an essential goal and tool of the psychosynthesis practice. Regarding psychotherapy, its boundaries are reaffirmed with other fields of application: counselling, self-development, etc.
After having examined some fundamental issues of synthesis as a process, the diagnostic and therapeutic aspects of psychotherapy where synthesis is present are taken into consideration. Particularly and specifically, the space and role of synthesis is emphasized in its healing application to the process of psychosynthesis.
Keywords: synthesis, process, psychosynthesis practice, psychotherapy, self-development, counseling, process of psychosynthesis.

Nel presente articolo l’autore espone i punti fondamentali della sintesi come qualità, come metodo processuale e come meta e strumento essenziale della prassi psicosintetica. Rivolgendosi in particolare alla psicoterapia, si riaffermano i confini di quest’ultima con altre applicazioni quali il counselling e l’autoformazione nella stessa psicosintesi.
Dopo aver esposto alcuni punti fondamentali della sintesi come processo, vengono trattate le caratteristiche generali della psicoterapia e anche del processo diagnostico come percorso di cui la sintesi fa parte e poi in particolare lo spazio di quest’ultima nel processo psicosintetico.
Parole chiave: sintesi, processo, prassi psicosintetica, psicoterapia, autoformazione, counselling, processo psicosintetico.

Non per il gusto di indulgere eccessivamente nel gioco di parole, ho scelto di capovolgere il tema generale del convegno[1], attribuendo la processualità alla psicoterapia piuttosto che alla sintesi. In realtà mi sembra importante innanzitutto sottolineare l’aspetto processuale della psicoterapia che, per quanto andrò sviluppando in questa relazione introduttiva, include anche la sintesi e la sua processualità.
Secondo un consenso ormai consolidato, la psicoterapia è definibile come un “processo interpersonale di cambiamento”. Un tentativo cioè di usare un processo interpersonale intenzionalmente e in modo controllato a favore di una persona che cerca aiuto.
A sua volta il processo è riconoscibile come un insieme di fenomeni attivi e organizzati nel tempo, un continuum di fatti e operazioni che presentano un senso di unità e si verificano con una certa regolarità.
Nel processo si segue un corso naturale, e non la corsa del treno, e non strettamente programmato, si rispetta il flusso della corrente, metaforicamente si è più impegnati a seguire solo le stazioni da cui passa, lo scorrere del fiume insieme alla sua sorgente e alla sua foce.
Il processo psicoterapeutico perciò implica un movimento e una potenzialità di cambiamento a livello della personalità sia del paziente che del terapeuta, nell’ambito di uno scopo terapeutico. Quest’ultimo segue anche il limite entro cui si lavora, il confine raggiungibile, la forma di incompletezza di una psicosintesi.
Uno dei punti fondamentali del processo, come ogni atto volitivo, è la motivazione a percorrerlo, sia come paziente che come terapeuta, trovando un accordo, un’alleanza su cosa e come lavorare, perché ci si comprende abbastanza ponendosi sulla stessa lunghezza d’onda. Esiste cioè una relazione, impari, ma anche di reciprocità, destinata a finire nel tempo nella forma consolidata e sufficientemente rassicurante di un setting, cioè di un luogo, di uno spazio, di una modalità di svolgimento che crea un campo energetico specifico dotato di regolarità. Tale area di gioco si sostanzia attraverso tecniche e tipiche funzioni psicoterapeutiche quali l’ascolto, l’introspezione, il contatto e l’empatia, la verbalizzazione e l’interpretazione, la condivisione, ecc., nella costruzione insieme di vari strumenti di gioco, che muovono l’energia dinamizzandola nel processo.
Quanto detto finora caratterizza anche la sottile linea di confine del processo psicoterapeutico rispetto al counselling e ai processi autoformativi e formativo-educativi. Nel primo c’è un ampio spazio dato alla sofferenza, anche la più grave, che non trova abitazione piena se non in quel setting, con qualcuno e talvolta più persone, che si prendano cura, in uno scopo meno orgogliosamente ambizioso e con un traguardo spesso più limitato rispetto alle potenzialità umane che si dispiegano più facilmente nell’autoformazione. Lo stesso counselling, pur parente stretto della psicoterapia, con essa spesso confondendosi, anche, a seconda dei contesti culturali e delle latitudini in cui è praticato, ha una maggiore focalizzazione sui problemi (problem solving) con una più spiccata delimitazione temporale, quasi un intervento simil-terapeutico, ma breve e nell’arco di un percorso prevalentemente autoformativo.
Nella psicosintesi è più facile avvicinare e quasi confondere le tre prassi, nel senso anche autoformativo della psicoterapia e di un prendersi cura profondamente della persona (terapia), nell’autoformazione. Ciò avviene principalmente:

  1. nell’adattare metodi e tecniche all’esistenzialità individuale;
  2. nell’implicare l’uso di mete e risorse della persona più avanzate, come mezzi per affrontare i problemi e gli ostacoli (ad es. utilizzare la dimensione transpersonale e la componente sana a favore della sofferenza).

Vediamo infatti adesso più in particolare dove si colloca la sintesi nel processo psicoterapeutico così delineato.

  1. Innanzitutto la troviamo in un aspetto più generale, come globalità del processo che, in quanto movimento evolutivo e cambiamento, è un’espressione di sintesi. Ogni tappa del percorso può essere vista come un livello più inclusivo del precedente, una sintesi che va verso sintesi ulteriori.
  2. Lo scopo della psicoterapia è espressione di una sintesi parziale nella dinamica globale della personalità. Il piano terapeutico può essere anche visto come una forma di sintesi tra lo scopo più profondo del processo e l’intenzione consapevole del paziente.
  3. La sintesi ha bisogno del suo tempo e spazio per svilupparsi. La limitatezza nel tempo evidenzia il processo sintetico: quando la psicoterapia, di qualunque tipo sia, funziona bene, si arriva alla sintesi. A sua volta un fenomeno interessante è riscontrabile nelle forme di psicote­rapia breve, con un tempo prestabilito, in cui per tali caratteristiche si possono mobilizzare particolari movimenti integrativo-sintetici.
  4. La relazione psicoterapeutica genera nel campo comune a entrambi, terapeuta e paziente, varie forme emotive. È lo spazio del “terzo” di una “filiazione” che, connettendo le energie di entrambi, crea tra l’altro forme sintetiche.
  5. Lo stesso setting, come la relazione, è un’espressione d’insieme, di potenziale sintesi di vari livelli energetici con cui, come il “terzo” della relazione, ogni componente della diade terapeutica ha a sua volta una relazione (attaccamento, proiezione, intersoggettività, ecc.). Questi fenomeni di sintesi sono ancora più complessi, amplificati ed evidenti sia sul piano relazionale che del setting nella situazione di processo psicoterapeutico di gruppo.
  6. Il metodo e le tecniche psicoterapeutiche sono espressioni di sintesi in molti aspetti. Partendo dal sintomo, che è una forma compromissoria sintetica, si segue un processo di mobilizzazione e di successive trasformazioni, nuove integrazioni e sintesi nel cambiamento del setting interno, del contesto in cui si rapportano le varie parti. In alcuni stati psicopatologici si persegue un processo di maggior aggregazione e sintesi della personalità, per entrare in tempi successivi in fasi più profonde analitiche (ad es. nelle psicosi, negli stati schizoidi e borderline). Le stesse tecniche analitiche usano modalità sintetiche della mente per arrivare al momento interpretativo-costruttivo. Le tecniche immaginativo-simboliche sono particolarmente sintetiche nel mettere insieme parti e funzioni, favorendo i passaggi trasformativi. Lo stesso si può dire per le tecniche corporee, che non solo aprono a contatti profondi con se stessi, ma particolarmente mobilizzano l’energia bio-psico-spirituale, creando spazio per nuove sintesi mente-corpo.

Ma la domanda che appare naturale farsi a questo punto è quale sia lo specifico sintetico della psicosintesi nel processo psicoterapeutico. A mio avviso i punti principali, caratterizzanti l’approccio psicosintetico in tal senso, sono:

  1. Il momento diagnostico iniziale. L’ampiezza dell’angolo visuale, attraverso cui guardare la persona e la sua sofferenza secondo l’approccio psicosintetico, è naturalmente collegata ai rapporti e alle potenzialità integrative e sintetiche dei vari livelli e parti evidenziati. Basti pensare ai tipici diagrammi assagioliani dei diversi livelli dell’inconscio, della coscienza e del Sé, nonché delle funzioni psichiche, per ricordarsi come una visione così ampia e articolata sia una griglia diagnostico-operativa con cui leggere i movimenti di disgregazione e di sintesi in ogni fase del processo. Questa immagine antropologico-cosmologica di uomo, trova alcune mappe operative: una ad es. è la considerazione dei tipi umani, vere e proprie sintesi bio-psico-spi­rituali, così come il concetto di sub-personalità, una struttura che sintetizza vari aspetti e parti intorno a un nucleo basilare centrale. Un’altra mappa diagnostica significativa è la visione sintetica del sintomo secondo una psicopatologia in cui, anche se alcuni livelli dell’inconscio o della personalità sono maggiormente implicati, tuttavia anche altri livelli possono essere coinvolti in un’interdipendenza e sintesi delle varie parti.
  2. Nel lavoro di consapevolezza, il tipo di analisi psicosintetica viene non casualmente chiamato da Assagioli “frazionata”, per l’alternarsi e il coesistere di momenti analitici con quelli trasformativo-sintetici. Un altro aspetto è costituito da chiarificazioni e interpretazioni che tengano conto degli elementi prospettici, transpersonali, energie già di per sé sintetiche, che possono avere funzione a loro volta integrativa e di sintesi verso altri livelli o parti della personalità. Inoltre è sintetico l’uso di mezzi simbolici come nelle visualizzazioni guidate o delle tecniche corporee con attenzione all’integrazione dei livelli emotivi, mentali e spirituali.
  3. La destrutturazione e la regressione nel lavoro psicoterapeutico in profondità sono accompagnate in psicosintesi dall’esperienza di ciò che ha funzione di contenitore, di accoglimento del processo (ad es. il Sé, l’Io, il terapeuta come centro ausiliario esterno e come funzioni e qualità psicoterapeutiche). Inoltre proprio nel lavoro pluristratificato del profondo si trovano le “gemme” nascoste del Sé con le sue forme sintetiche.
  4. Nelle fasi di ristrutturazione-integrazione si trovano gli apporti più originalmente sintetici della psicosintesi. Il lavoro sull’esperienza dell’Io e della volontà come tecnica e come processo volitivo. Il lavoro di integrazione corpo-mente, parte del quale vede il corpo anche come luogo e agente di sintesi. Le funzioni psichiche, in cui il pas­ saggio mobile dall’una all’altra rappresenta non solo un cambiamento di canale espressivo, ma allo stesso tempo favorisce nuove ristrutturazioni, attraverso lo sviluppo di modalità prima non abbastanza disponibili come energie da integrare. Il modello ideale come specifico esercizio di vita, che finalizza lo scopo del piano terapeutico, costituendo nel processo psicoterapeutico una tendenza sintetizzatrice attraverso una qualità, un aspetto non idealizzato ma realizzabile. Anche questo può essere parte di quell’uso del transpersonale verso la ristrutturazione del personale, in cui mèta e mezzo si identificano almeno temporaneamente: dalla sintesi a nuove sintesi attraverso qualità, simboli, ecc. La meditazione, il lavoro psico-energetico, la sintesi attiva degli opposti rappresentano metodologie che anche in psicoterapia hanno un loro spazio, se usate in senso processuale.
  5. La relazione terapeutica. Come già detto in precedenza, è uno degli spazi privilegiati, in cui si creano sintesi, e in cui esplicitamente la relazione stessa è fattore sintetizzatore. Ciò è evidenziabile in psicosintesi attraverso un processo transferale e controtransferale, che po­ tremmo definire “globale” con più livelli implicati e in cui il rapporto oggettuale s’integra con quello intersoggettivo (soggetto-oggetto). Il terapeuta impegna il proprio Sé e le sue qualità (tra cui la sintesi) fin dall’inizio, riconoscendo il Sé dell’altro con le rispettive potenzialità.
  6. La conclusione della psicoterapia. Il processo di guarigione è un per­ corso di ricostituzione della totalità (guarigione = healing = totalità): andando fino in fondo, troviamo la sintesi tra oscurità e luce, tra sof­ferenza e gioia. L’ancoraggio fa parte di questo stesso processo, in cui la “rotondità” della terra è analogica alla “rotondità” del processo psicoterapeutico, sintesi della dimensione verticale e orizzontale, in­ tra-individuale e interpersonale.

Concludo ricordando la pluralità dei processi psicoterapeutici nei metodi e nei contenuti, con altrettanti molteplici processi di sintesi, che includono terapeuta e paziente. Persiste inoltre l’interrogativo di ogni accadimento umano a cui la psicoterapia non si sottrae, anzi, fornisce un suo specifico contributo: chi guarisce chi?

BIBLIOGRAFIA

ALBERTI A., ROSSELLI M., Psicosintesi e nuovi paradigmi in psicoterapia, I Congresso Nazionale AP S.I.M.P., Roma 1992.
ASSAGIOLI R., Sintesi nella psicoterapia, Istituto di Psicosintesi, Firenze 1964.
ASSAGIOLI R., I tipi umani, Istituto di Psicosintesi, Firenze 1967.
ROSSELLI M., La sintesi: un anello di congiunzione in psicoterapia e psicosomatica, in PANCONESI E., PAZZAGLI A., ROSSELLI M., La medicina psicosomatica oggi: dall’epistemologia alla clinica, Atti del XIV Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina Psicosomatica, Fisioray, Firenze 1993.
ROSSELLI M., I Nuovi paradigmi della psicologia. Il cammino della psicosintesi, Cittadella Editrice, Assisi 1992.
WHITMORE D., Psychosynthesis and Counselling in Action, Sage Publications, London 1991.

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Postfazione

L’articolo con i suoi più di venticinque anni di età mi sembra da confermare nei suoi aspetti di impostazione generale e di contenuti. Riconferma la visione dell’autore sulla sintesi come qualità fondamentale, secondo lui forse la più caratterizzante e utilizzabile in psicoterapia dei sette punti fondamentali proposti da Assagioli nel 1974 per definire i principi e i metodi specifici della Psicosintesi.
Nell’articolo si esplora soprattutto infatti la psicoterapia psicosintetica come processo di cui la sintesi appare come ingrediente fondamentale proprio anche per le sue caratteristiche processuali e relazionali di per sé. Alla luce delle elaborazioni più recenti e successive a questo testo in campo psicosintetico, l’articolo rimane su un livello schematico e generale, e potrebbe essere completato dagli aspetti più pratico-applicativi della metodologia centrata sulla sintesi proprio nella biopsicosintesi focalizzata sul lavoro corpo-mente-transpersonale, nel lavoro di integrazione personale-transpersonale e nella psicosintesi delle relazioni. Ma questo è compito di altri scritti che si auspica sviluppino le linee esposte nel presente articolo, comunque sempre attuale.

Massimo Rosselli

Firenze, 2017

[1] Il tema del VI Convegno Nazionale della Società Italiana di Psicosintesi Terapeutica SIPT era «II processo di sintesi in psicoterapia», Firenze, Villa Cancelli, 1992 (n.d.r.).